Appunti di un viaggio all’inverso – Nozione d’amore – Marina Morelli

Aurora, madre di due amatissime ragazze autistiche, Laura e Luce, compie attraverso queste pagine un incredibile viaggio all’inverso, lasciando alle sue spalle la mancanza d’amore e d’amicizia che per anni l’ha condizionata. Il dolore non ha indurito il suo cuore, gli abbandoni non hanno minato il suo amor proprio e le malattie non l’hanno resa impotente: vive di concretezza e immaginazione, seguendo l’incombenza di un disegno superiore, intravisto con la mediazione della sua interiorità e dei suoi arcani contenuti.

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Marina Morelli è nata a Roma, il 5 luglio 1963, e qui vive tuttora. Madre di due ragazze autistiche, si è dedicata pienamente alla loro assistenza smettendo di lavorare nel 1996. Questo è il suo esordio letterario in seconda edizione.

Nozione d’amore – Appunti di un viaggio all’inverso

Compleanno e libri Marina

Infinità – Miriade di te e di me

 

I minori, vittime di abusi sessuali. 2 Parte Le origini dell’abuso.

I comportamenti di abuso sessuale su minori sono sempre esistiti, in ogni contesto culturale e in tutte le epoche. In Italia gli studi concernenti l’abuso sessuale minorile si sono sviluppati solo da poco tempo, mentre in altri paesi si riscontrano documenti ed aggiornamenti interessanti riguardanti i diversi aspetti di questo fenomeno. Non è infatti un fenomeno strettamente legato alle cosiddette «società complesse» e soprattutto non è frutto della modernità, ma testimonianze storiche dimostrano che «la violenza ed i
comportamenti aggressivi nei confronti dei minori sono manifestazioni
costanti e costituiscono un fenomeno sempre esistito».
L’abuso sessuale non può essere, dunque, definito come un male moderno, anche se solo negli ultimi anni si è cercato di imprimere una sorta di forza dal punto di vista giuridico-legislativo.
Già nel 1962 uno dei primi studiosi ad occuparsi degli abusi sui bambini
è stato il pediatra nordamericano H. Kempe, che si è soffermato non solo su abusi sessuali o sfruttamento lavorativo, ma «anche sul maltrattamento psicologico, l’incuria, l’abbandono, la trascuratezza alimentare, scolastica e sanitaria e l’abuso sessuale nei casi di pedofilia, pornografia, atti di libidine, prostituzione, rapporti sessuali devianti».
Ai nostri giorni e nelle società maggiormente progredite si va affermando una presa di coscienza su tale fenomeno, una sorta di «consapevolezza collettiva» dell’esistenza di abusi sessuali sui minori e del loro coinvolgimento psicologico ed emotivo, nonostante ancora oggi vi sia molta reticenza ed omertà, in particolare nell’ambito delle famiglie che, per una sorta di pudore, non denunciano tali violenze.
Per meglio comprendere il significato del termine abuso, si ritiene utile
accennare alle possibili definizioni considerate dal punto di vista psicologico e sociologico. Nell’approccio psicologico, infatti, i comportamenti pedofili fanno punto riferimento ad un modello teorico sperimentale utilizzando il riflesso automatico indotto per il tramite di uno specifico stimolo. Si tende così ad ampliare la definizione, facendo rientrare nella casistica anche quegli atteggiamenti che non sfociano in un vero rapporto sessuale, ma prendono in considerazione il comportamento e l’atteggiamento dell’adulto che viene stimolato da immagini e fantasie di soggetti in età adolescenziale e prepubere. È una dimensione prettamente soggettiva del comportamento dell’adulto, anche se a volte tende a verificarsi in una dimensione soltanto potenziale.
Una definizione più strettamente sociologica del fenomeno, invece, deve partire dall’analisi etimologica del termine: «l’origine infatti è greca, e la parola pedofilia deriva da pais (bambino, infante) e phileo (amare), amore per i bambini quindi». Un importante aspetto da evidenziare è che esiste una sostanziale differenza tra pedofilia ed abuso sessuale: nel primo caso può non determinarsi un atto sessuale concreto con il minore; mentre nell’abuso c’è un coinvolgimento erotico vero e proprio da parte del soggetto prepubere.
Si può facilmente intuire quindi che la rilevazione e l’accertamento di un fatto di abuso sessuale è operazione estremamente complessa, soprattutto perché sussiste tra gli interpreti molta incertezza su cosa debba intendersi per abuso sessuale. Del resto è difficile delimitare i confini tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, specie in una materia come questa, condizionata fortemente da inclinazioni soggettive e dove la linea di demarcazione è molto sfumata. Di fondamentale importanza è porsi la domanda su che cosa possa essere correttamente definito come comportamento abusante nei confronti di un minore. Anche se nella sfera emozionale può sembrare che non vi debbano essere dubbi in proposito, non è certo un caso che gli esperti ancora dibattano sull’estensione di tale definizione, sia in merito agli atti commessi, sia in merito al tipo di relazione intercorrente o meglio, che dovrebbe intercorrere per rientrare nella sfera degli abusi, tra abusante ed abusato.

Federica Farre

Le mie pagliuzze finale

Le mie pagliuzze

Dora Buonfino

“Ritmi del Cuore” di Pictor Petrus (Pietro Scoppetta)

Oltre ad eccellere nell’attività pittorica, Pietro Scoppetta fu anche poeta. Sotto lo pseudonimo di “Pictor Petrus” pubblicò nel 1919 a Napoli la raccolta “Ritmi del cuore”. Il filone guida dell’opera è lo struggimento d’amore, riflesso letterario di un vero amore che l’artista coltivò in età già avanzata per una giovane allieva.

Amalfi, 15 febbraio 1863 – Napoli, 9 novembre 1920.

Dedicatosi inizialmente agli studi di architettura, li abbandonò per formarsi artisticamente sotto la guida di Giacomo Di Chirico. Residente a Napoli, a partire dal 1891, ebbe occasione di vivere in un clima di forti movimenti di evoluzione culturale, coincidenti con il mutare della fisionomia urbana a seguito del controverso Piano di Risanamento voluto dai Savoia. Da un lato, infatti, si assisteva alla creazione di nuovi quartieri abitativi e dall’altro alla costruzione di opere pubbliche di grande impatto, come la Galleria Umberto I e il Palazzo della Borsa. In questo contesto, Pietro Scoppetta si mosse abilmente, dando prova di grande talento soprattutto nella rappresentazione della natìa costa di Amalfi e della Valle dei Mulini. Con le sue opere partecipò a diverse esposizioni della Società Promotrice di Napoli. L’attività della città si esprimeva anche nella nascita di eleganti punti di aggregazione culturale, quali il café-chantant Salone Margherita e il Caffè Gambrinus, che divennero presto punti di riferimento della Belle Epoque napoletana. Proprio il Gambrinus gli fornì un’importante occasione per mostrare le proprie capacità, quando nel periodo 1889-1890 fu chiamato ad affrescarne le volte con altri pittori di punta dell’ambiente napoletano dell’epoca (Luca Postiglione, Vincenzo Volpe, Edoardo Matania, Attilio Pratella, Giuseppe Alberto Cocco, Giuseppe Casciaro, Giuseppe Chiarolanza, Gaetano Esposito, Vincenzo Migliaro, Vincenzo Irolli e Vincenzo Caprile).

Come altri artisti precedenti e contemporanei, che accanto all’attività pittorica principale svolgevano una professione alternativa, lavorò come illustratore per le riviste la “Cronaca partenopea”, “La tavola rotonda” e “l’Illustrazione Italiana”, operando alle dipendenze della casa editrice Treves. Nonostante il successo commerciale e di critica che lo portò ad avere in qualità di estimatori delle sue opere il Re Umberto I e il Principe di Sirignano, Scoppetta decise di lasciare l’Italia alla volta dell’estero e soggiornò a lungo a Londra e a Parigi. Nella capitale francese, dove dimorò tra il 1897 e il 1903, si inserì nella folta schiera di pittori partenopei, attratti dalle suggestioni borghesi della Belle Epoque, tra cui ricordiamo Lionello Balestrieri, Arnaldo De Lisio, Ulisse Caputo, Raffaele Ragione e Vincenzo La Bella, e entrò a far parte del filone di artisti italiani filoimpressionisti, dei quali fu grande precursore Giuseppe De Nittis. Dall’esperienza francese trattenne elementi importanti dell’impressionismo, che fece confluire e amalgamò nella sua tecnica pittorica con le tinte vivaci della scuola napoletana. Il periodo parigino vide anche un netto cambiamento dei soggetti dei suoi dipinti. Abbandonate, infatti, le rappresentazioni paesistiche che ne avevano caratterizzato la carriera precedente, si rivolse alla rappresentazione della vita borghese, nella quale individuava gli elementi di ottimismo e di tensione al futuro che più si addicevano alla sua indole. Dopo il 1910 lasciò Parigi per Roma, dove frequentò a lungo l’abitazione dell’amico Pietro Carrara e di sua moglie, la marchesa Maria Valdambrini. Alla sua morte, la Biennale di Venezia del 1920 gli dedicò una sala personale dove furono esposti trentacinque dipinti.

Ritmi del Cuore

Ritmi del cuore

Questa raccolta fu pubblicata nel 1919 dalla casa editrice “L’Editrice Italiana” di Napoli e il testo originale è conservato nella Biblioteca di Montevergine. L’editore dell’epoca, nella sua prefazione, scrisse:

“Dieci anni or sono, quando colui che mal si cela sotto il nome di Pictor Petrus aveva minor peso di anni e maggior messe di sogni, furono per caso scritti questi versi d’amore. Li ha tratti a viva forza l’editore, dalla polvere sotto cui l’artista seppellisce le tele sbiadite, ed eccoli a voi, o lettori, nella loro semplicità fine e sensibile. M’accuserà l’amico Petrus di furto? Prometeo per riscaldare gli uomini rubò ai numi il fuoco; per riscaldare il suo pubblico l’editore ha, senza rimorso, rubato quest’opera di poesia”. 

L’Editrice Italiana

Napoli – 1919

“La mia cucina” Vol. 1 e Vol. 2 – Laura Parise

“Cucinare, oltre che una passione, è un gesto d´amore verso i propri cari, ma anche e soprattutto per la propria gola. Presentando un piatto nuovo, anche se preparato con cura, si attende sempre con trepidazione il verdetto dei nostri commensali e in caso negativo meglio non scoraggiarsi, le critiche aiutano a migliorare e… bisognerà riprovarci, cercando di perfezionare il nostro piatto con delle varianti. Chiaramente molto spesso ci si confronta con gusti opposti e non è detto che sempre e comunque possa andare bene: quello che al nostro palato ha un gusto sublime non può necessariamente risultare gustoso per chi siede alla nostra tavola. Anche l´occhio vuole la sua parte e disporre con una certa fantasia i vari cibi nei piatti è già la prima grande prova da affrontare. Lo stesso cibo disposto con cura o versato a caso, avrà effetti opposti su chi è chiamato a giudicarlo e presentare un piatto con un pizzico creativo può essere già il primo passo verso il successo. Io con l´andare del tempo ho adeguato parecchi piatti al palato dei miei cari, manipolando le ricette per adattarle alle nostre esigenze, di conseguenza, è probabile che troviate ingredienti o passaggi diversi da quelli a cui siete abituati. Amo preparare manicaretti e mi destreggio in cucina tra varie pentole e padelle, anche contemporaneamente, senza per questo accumulare fatica o stress, perché ogni cosa che preparo, è cucinato con passione. Cucinare non deve per forza essere fonte di stress, metteteci amore in quello che fate e vi accorgerete che può anche essere rilassante: i complimenti ricevuti a fine pasto sono il miglior toccasana per la fatica e l’autostima. Devo essere sincera, non sempre sono stata una grande amante del cibo: nei primi sei anni di vita ho fatto disperare mia madre perché nulla mi piaceva, poi un giorno ho scoperto le gioie della tavola e ahimè ho iniziato anche a prendere qualche chilo. Da ragazzina non mi era permesso avvicinarmi ai fornelli: potevo assistere soltanto alle preparazioni della nonna e della mamma, ma niente più e le poche volte che sono riuscita a eludere la sorveglianza ho creato dolci, che adesso mi farebbero inorridire. Crescendo e diventando adolescente ho lasciato volentieri quel compito ad altre persone, in casa non era richiesta la mia abilità culinaria, però… c’era qualcosa che mi era concesso fare: la pizza! In quello ero la specialista di casa e nessuno riusciva a eguagliarmi. La vera passione per la cucina è nata in me dopo aver iniziato a convivere con mio marito, da allora, tra esperimenti catastrofici e piatti deliziosi, è stato un crescendo di consensi, non soltanto in famiglia e con gli amici, ma anche con persone estranee, disposti anche a pagare per mangiare i piatti da me cucinati. Quasi per gioco ho accettato di occuparmi di una mensa dove tutti i giorni servivo dai quindici ai venticinque pasti occupandomi di tutto, dal menu alla spesa, per poi terminare nell’esecuzione delle pietanze. In seguito ho proseguito con i miei colleghi d’ufficio e una volta alla settimana cucinavo per loro. L´idea di questo libro è nata quando i miei figli mi hanno chiesto di raccogliere per loro tutte le mie ricette, per poter, una volta volati via dal nido, continuare ad assaporare quei piatti che li hanno accompagnati nella crescita, ma nello stesso tempo poter tramandare un giorno anche ai loro figli qualcosa che hanno imparato dalla loro mamma. Questa è senza dubbio la più grande soddisfazione che si possa provare: sapere che i tuoi ragazzi, che hai nutrito con cura e amore, desiderano tramandare la stessa cura e lo stesso amore di cui son stati circondati”.

Laura Parise

La mia cucina Vol. 1

La mia cucina 3

La mia cucina Vol. 2

La mia cucina Vol. 2

Logo cucina Laura

Appunti di un viaggio all’inverso – Nozione d’amore

Aurora, madre di due amatissime ragazze autistiche, Laura e Luce, compie attraverso queste pagine un incredibile viaggio all’inverso, lasciando alle sue spalle la mancanza d’amore e d’amicizia che per anni l’ha condizionata. Il dolore non ha indurito il suo cuore, gli abbandoni non hanno minato il suo amor proprio e le malattie non l’hanno resa impotente: vive di concretezza e immaginazione, seguendo l’incombenza di un disegno superiore, intravisto con la mediazione della sua interiorità e dei suoi arcani contenuti.

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Marina Morelli è nata a Roma, il 5 luglio 1963, e qui vive tuttora. Madre di due ragazze autistiche, si è dedicata pienamente alla loro assistenza smettendo di lavorare nel 1996. Questo è il suo esordio letterario in seconda edizione.

Nozione d’amore – Appunti di un viaggio all’inverso

Prendere le distanze

Questo è un problema che si incontra nella narrativa autobiografica o in quella di natura fattuale. In altre parole, è importante prendere le distanze, nel senso che l’argomento non solo deve interessarci, ma deve farlo nella giusta misura, quindi è necessario sacrificare un certo evento, cambiare quel personaggio, modificare quella reazione, tenendo presente il risultato finale, senza preoccuparci troppo di quello che è realmente successo. In un certo senso, prima di cominciare a scrivere su un certo argomento, bisogna riuscire a scrollarselo di dosso,cioè guardarlo con gli occhi di un estraneo, ovvero quelli di un potenziale lettore. Non sottovalutiamo però la nostra esperienza come fonte di idee: piccole ma forti emozioni, come la sensazione di calzare un paio di scarpe scomode, alzarsi in piena notte nel buio più assoluto o camminare da soli lungo una strada deserta, sono state alla base di molto stupendi racconti di Ray Bradbury. Il desiderio di avere un bel cappotto nuovo è il nucleo dell’omonimo e famoso racconto di Nikolaj Gogol. Un semplice travestimento può diventare una corazza che salva la vita. Anche le piccole cose possono avere un grande impatto, se situate in un contesto adatto a esprimere tutta la loro importanza. La nostra esperienza è una miniera inesauribile di idee, a patto che riusciamo a farle sentire importanti anche per il lettore e vicine alla sua sensibilità. Il fatto è che non avremo mai questa certezza. Potremo solo riconoscere il problema e impegnarci al massimo per trovare un equilibrio tra il personale e l’universale, dopodiché ogni storia dovrà prendere la propria strada, come è giusto che sia. E non dimentichiamo mai di inserire in quello che stiamo scrivendo tutto ciò che abbiamo conosciuto, sentito, vissuto o immaginato. L’esperienza vissuta in prima persona è la fonte più preziosa da cui attingere dettagli vividi, personali e convincenti, gli stessi che fanno sembrare più reale al lettore qualsiasi trama.

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La pittura dell’800 in Italia

A Firenze nel 1854 si era formato un gruppo di giovani appassionati di un “genere” allora trascurato nella tradizione toscana: il paesaggio. Questi artisti avevano dato vita ad una comunità chiamata “Scuola di Staggia”, capitanata da Serafino De Tivoli. I pittori di questa scuola. prediligevano un tipo di rappresentazione della natura privo dei toni solenni ed immobili delle vedute classiche, dipingevano all’aperto nei pressi del Castello di Staggia. Purtroppo delle opere allora dipinte non ne è sopravvissuta una attribuibile con certezza.

Saverio Altamura (1826-1897) fu uno dei primi pittori che portarono al Caffè Michelangiolo di Firenze la nuova tendenza pittorica, avendo visitato, nel 1855, il padiglione realista di Gustave Courbet, realizzato a Parigi in occasione della Esposizione Universale. In quella occasione erano con lui Domenico Morelli e Serafino De Tivoli (1826-1892), così, proprio a partire dal 1855, Firenze divenne il centro in cui andò maturando il nuovo stile, Macchiaiolo, con il concorso di artisti toscani e di altra provenienza che si concentravano sulla resa dei rapporti cromatici e tonali di due frammenti di realtà, prescindendo dal disegno e dal chiaroscuro perché in natura i contorni non esistono……..

Altamura

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Chi siamo

logo Le Parche

“Le Parche Edizioni” non è un progetto che regala sogni, è un percorso minuzioso e lungimirante che raccoglie i sogni di tantissimi scrittori e li trasforma in realtà: la casa editrice investe sul capitale creativo e culturale di nuovi autori, che avranno la possibilità di vedere realizzati i propri sogni attraverso il nostro contributo professionale, etico e imprenditoriale.

La casa editrice “Le Parche” nasce per consolidare e definire il lavoro di sostegno creato dall’Associazione Culturale “Terra Utopiam” e dal brand editoriale “Vena Letteraria”.

“Terra Utopiam” è nata a Vicenza nel 2014, fondata da Marco Bartiromo, scrittore e artista napoletano, con lo scopo di promuovere, progettare, pubblicare e realizzare attività di carattere editoriale, informativo, culturale, didattico e formativo. Nel suo percorso si è lasciata avvolgere dalla bellezza e dalla solidità della poesia, pubblicando raccolte poetiche di grande rilevanza e profondità, ed inoltre ha instaurato con gli autori un legame unico e indissolubile. L’Associazione si è poi trasferita a Napoli, impegnandosi anche nel sociale, senza peraltro mai tralasciare il progetto editoriale, che l’ha portata poi a realizzare il brand “Vena Letteraria” con la collaborazione e la professionalità di Dario D’Ascoli, grafico pubblicitario, una agenzia di promozione per autori emergenti, che appoggiando il lavoro dell’Associazione ha inserito nel proprio registro, servizi editoriali come l’editing, correzione bozze, trascrizione, ghostwriting, traduzioni, impaginazioni e grafica.

Per suggellare questa alleanza, ecco arrivato il momento di dare un tocco di imprenditorialità e consistenza a tutto il lavoro fino ad oggi tracciato, e mediare tra l’autore, il suo testo e il pubblico.

Il programma prioritario e etico per la casa editrice “Le Parche” è il ritorno ad una cultura amena, cioè una cultura in cui l’impegno è implicito e non esplicito, una cultura della leggerezza che tuttavia non rinuncia all’eleganza; una cultura delle idee in una forma raffinata, un misto di cose belle, tra cui padroneggia l’arte.

Ogni casa editrice ha una propria linea editoriale che si evidenzia attraverso le sue “collane”. La funzione di una collana editoriale è quella di orientare le scelte del pubblico, organizzando il catalogo dell’editore secondo linee identificate e riconoscibili nel tempo, e con la collana “Il destino dell’Arte” vogliamo lasciare un segno chiaro, divulgando la creatività di Maestri napoletani e campani.

Nella collana “Lo stame di Atropo” la casa editrice vuole dare spazio a opere che diffondano la storia, la cultura e la geografia della nostra Regione: la Campania.  I libri che caratterizzano questa collana non saranno pubblicati in e-book, ma seguiranno una linea editoriale tradizionale, sommando allo spessore culturale e artistico delle parole contenutevi, anche la sapienza e l’estrema perizia di chi lavora per fare di un libro un “bel” libro: un oggetto gradevole da guardare, da toccare, da leggere e da conservare.

Le altre due collane che contraddistinguono la nostra casa editrice sono “Il filo di Cloto” e “Il fuso di Lachesi”, che includono le perle dell’editoria, come la narrativa, la poesia, la saggistica, i classici e tutto ciò che è letteratura.

Ci piace ricordare che un libro acquista la sua nobiltà nel momento in cui emoziona anche un solo lettore, e che lo spessore culturale e artistico delle parole in esso contenute non è mai relazionato alla fama e alla distribuzione di un determinato numero di copie, “la bellezza di un verso tende all’infinito e non per una formula matematica”, quindi ogni scrittore avrà le sue chance, perché noi non ci lasceremo sfuggire nessuna emozione.

In un momento in cui il mercato del libro è sempre più orientato verso una produzione massiva, ma povera di contenuti, che spinge tanti editori a pubblicare opere la cui durata di vita è sempre più breve, la casa editrice “Le Parche” opta per un progetto editoriale che abbia valore nel tempo, e dal momento in cui stabilisce e premia la creatività di un autore, vanta l’ambizione di decidere sul suo destino, e in particolare  del suo libro, tessendo il filo editoriale della sua vita. Ed è per questo che abbiamo deciso di chiamare la nostra casa editrice con il nome delle tre divinità che decidono del destino di ogni uomo, “Le Parche”. I loro nomi sono: Cloto, Lachesi e Atropo, figlie di Zeus, il re dell’Olimpo, e di Temi, la dea della giustizia divina.